martedì 8 agosto 2023

Psicopatologia ed etichette: la visibilità effimera degli eco-ansiosi in assenza di prospettive Eliana Forcignanò

Erano i non troppo lontani anni Novanta, quando James Hillman, filosofo e padre della psicologia archetipica, estendeva il concetto di Anima mundi al discorso ecologico e alla cura dei luoghi. Ispirata dalla filosofia di Plotino, l’Anima del mondo – per come Hillman la reinterpreta – è quell’afflato divino che riconnette in un destino comune tutti gli elementi e gli abitanti del cosmo, rammentandone la matrice unica: il Tutto. Se un anello della catena soffre, il dolore si comunica agli altri anelli e il Tutto altro non è che la moderna astrazione dell’arché primordiale ricercata dai fisici ionici agli albori della filosofia. Sono evidenti anche le assonanze con le filosofie orientali, tanto per continuare a nobilitare la cacofonica etichetta di «ecoansia», rintracciando antichi ascendenti. Nell’immediato presente, analisi tematiche e metanalisi hanno tentato di fornire una definizione operativa del nuovo costrutto adottato dalla psicopatologia. È sembrato di rintracciare il sintomo principale dell’ecoansia nella condizione di angoscia e distress legata all’inquinamento, al cambiamento climatico, al consumo smodato di risorse naturali e non solo. Un’angoscia pervasiva orientata al prossimo futuro, sovente accompagnata da debolezza fisica e attacchi di panico: i più colpiti apparterrebbero a una fascia di popolazione occidentale compresa tra i 18 e i 35 anni d’età. Fin qui lo stato della questione, con la chiosa di Crepet che parla di «fenomeno indotto», riconoscendo nell’isteria che affetta alcune esternazioni dei più giovani in televisione l’introiezione attualizzata di paure e sensi di colpa che affliggono gli adulti e sono assorbite dalle presenti generazioni con un’amplificazione superiore alla tolleranza di un verecondo orecchio da psichiatra.

La verità sta nel mezzo? E quale verità? Se non quella che scaturisce dalla co-costruzione di narrative e visioni contestuali e dalla semiosi affettiva che induce da ambo le parti una reazione di pancia. Tra diniego e fobia, esiste la capacità di una riflessione più accurata attraverso la lente della psicologia e dell’ermeneutica? In primo luogo, sembra difficile trascurare la funzione di detonatore e amplificatore esercitata dai social media. In un’epoca in cui la ricerca spasmodica di modelli di identificazione e la diffusione dell’identità coesiste in maniera ambivalente con il desiderio di essere visti in quanto unici e originali, una buona via per il raggiungimento di entrambi gli obiettivi sembra essere offerta da queste nuove sindromi che si diffondono a macchia d’olio: dall’ecoansia agli assalti alla grammatica in nome dello scardinamento del sistema binario, per intenderci. La fobia per il clima è un modo di trovare voce, dando voce alla madre Terra, ma è anche una moda sufficientemente nuova, attraverso la quale io mi assicuro lo sguardo dell’altro e, illuminata da queste luci della ribalta, getto in faccia a un nemico generico e allo sguardo dei decisori politici, debitamente contrito per la circostanza, un malessere tanto generico quanto il mio nemico. Poi la ricerca si occuperà di rendere operativo il costrutto, ma forse non di riflettere sul buon uso del rasoio di Ockham: entia non sunt multiplicanda praeter necessarium. Fuori dai denti: le etichette, talvolta, sono così ridicole da apparire inutili o, forse, il contrario. Forse, simbolizziamo attraverso l’ecoansia l’angoscia per la palese assenza di prospettive che affligge il nostro tempo, ma nemmeno ci diamo l’opportunità di immaginarle queste prospettive. Giovanni Stanghellini scrive a proposito del fobico che la sua hybris consiste nel prendere per vero soltanto ciò che proviene dalla propria cenestesi, evitando e negando il sentire dell’altro. Il testo si chiama Selfie, pensate un po’: «“Va dove ti porta il cuore” è un incitamento affascinante, ma preso alla lettera nasconde una sproporzione – una hybris – imprudente e limitante al tempo stesso: l’accento sul “mio” mette fuori gioco l’“altrui”» (Stangellini, 2020, p. 59). Così l’attivista lascia lo studio, senza ascoltare l’intervento di Prestininzi e Giorgia travolge con il suo pianto Picchetto Fratin che dubita non si sa bene di cosa e ricorda un dovere non meglio specificato. Ma tra pareri esperti, commozione e ambigui doveri, come non ricordare che in sé i dati sono sempre filtrati attraverso letture soggettive a loro volta influenzate e plasmate dal contesto? In un’ottica socio-costruttivista (Salvatore, Cordella, 2022) si potrebbe dire che la fascia di popolazione afflitta da eco-ansia rende pertinente del cambiamento climatico la paralisi fobica: il lamento rivolto ai decisori politici insieme con il vandalismo nei principali musei delle capitali europee non sono altro che acting-out confermanti una rabbia cieca e l’impotenza diffusa. Che è anche un’impotenza appresa. Si ottiene cosa? Un ritorno di fiamma in visibilità che brucia più rapidamente del petrolio, ma prodotto zero per quanto riguarda il cambiamento invocato. Che fare, dunque? Consolare gli eco-ansiosi con parole oscure, inviarli dallo psicoterapeuta, magari con un bonus statale, confermando la lettura iper-soggettiva del fenomeno? O parlare con onestà delle complesse dinamiche socioeconomiche che impediscono la riduzione delle emissioni? O adottare la «capacità negativa» di cui parlano Bion e Keats prima di lui? Forse, era questo che tentava di adombrare confusamente il ministro. Più semplicemente si potrebbe dire: non lo so cosa accadrà domani, ma ho il dovere di impegnarmi oggi, almeno avrò fatto il possibile perché arrivi domani. 

Breve nota biografica - Eliana Forcignanò (1983) è dottore magistrale in Psicologia dell’intervento nei contesti relazionali e sociali e in Storia della Filosofia, PhD. in Scienze della mente e delle relazioni umane e ha conseguito un Master di II livello in “Gestione del disagio sociale e della microcriminalità attraverso le nuove tecnologie comunicative” presso l’Università del Salento. Dal 2013 si occupa del pensiero clinico di C.G. Jung, sul quale ha pubblicato due saggi e diversi articoli scientifici. Poiché la scrittura, quale forma d’arte e di comunicazione l’ha sempre affascinata, i suoi interessi e le sue pubblicazioni spaziano dalla poesia alla critica d’arte ed è in uscita per la rivista Psicoterapia e Scienze Umane una sua recensione a L’ombelico del sogno di V. Lingiardi, edito per i tipi di Einaudi (2023). Ha collaborato e collabora a vario titolo con testate giornalistiche locali cartacee e online.

Bibliografia essenziale 

Hickman, C. (2020).  

We need to (find a way to) talk about … 

Eco-anxiety, in Journal of Social Work Practice, 34(4), 411–424. https://doi.org/10.1080/02650533.2020.1844166

Hillman, J. (1999). Politica della bellezza. Bergamo: Moretti&Vitali.

Salvatore, S., Cordella, B. (2022). L’intervento psicologico. Bologna: Il Mulino.

Stanghellini, G. (2020) Selfie. Sentirsi nello sguardo dell’altro. Milano: Feltrinelli.

 

 

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