giovedì 10 aprile 2025

Il protezionismo USA è la risposta sbagliata a un problema esistente ... Intervento del Prof GUGLIELMO FORGES DAVANZATI (UNISALENTO)

La tesi che si intende qui sostenere fa riferimento al fatto che – sebbene le politiche protezionistiche attuate da Trump non abbiano un fondamento di razionalità né di ragionevolezza (ci si riferisce alla quantificazione dei dazi) – il protezionismo in quanto tale va preso sul serio, sia con riferimento alla sua Storia, sia con riferimento al suo essere risposta ai risultati prodotti dalla globalizzazione negli ultimi trent’anni. In altri termini, il protezionismo USA è la risposta sbagliata a un problema esistente e, contrariamente a una lettuta diffusa, esso ha una base scientifica (non in Trump) e, dunque, un fondamento razionale. C’è poi da ricordare che l’amministrazione Biden, sebbene in misura più ridotta, ha imposto forme di protezione occulata, mediante un ingente programma di sussidi alle imprese USA denominato Inflation Reduction Act.

La decisione di Trump di imporre dazi al resto del mondo costituisce, senza dubbio, la fine della globalizzazione degli ultimi trent’anni e può essere letta alla luce delle teorie economiche del protezionismo che si rilevano nella Storia del pensiero economico. L’autore più noto a riguardo è il tedesco F. List, che, opponendosi alla teoria dei costi comparati di Ricardo (per la quale il commercio internazionale avvantaggia tutti i Paesi che ne prendono parte), teorizzò la necessità per la Germania di imporre misure di protezione (temporanee) per far crescere la sua industria. L’argomento di List si fonda sulla distinzione fra Paesi early startes e Paesi late comer e, per conseguenza, sulla necessità di proteggere le produzioni dei secondi, fino ad arrivare, nel lungo periodo, alla parità dei poteri contattuali e al libero scambio. Gli storici (in particolare, Carlo Maria Cipolla) hanno fatto oservare che quasi sempre l’industrializzazione dei Paesi occidentali si è resa possibile grazie al protezionismo.

La svolta di Trump, inoltre, è finalizzata a porre un argine alla globalizzazione, anche a seguito dei fenomeni di de-globalizzazione dell’ultimi biennio. L’evidenza empirica mostra che la globalizzazione, dalla prima metà degli anni Novanta, si è associata a una significativa riduzione del tasso di crescita delle economie avanzate e, ancor più, a un notevole peggioramento della distribuzione del reddito, sia fra Paesi, sia all’interno dei singoli Paesi.

Occorre, quindi, evitare il rischio di criticare Trump per difendere l’assetto pre-esistente. Occorrerebbe semmai ripensare un modello di sviluppo su scala globale basato su espansioni coordinate della domanda aggregata.

Un contributo del Prof GUGLIELMO FORGES DAVANZATI (UNISALENTO)




venerdì 8 novembre 2024

Le elezioni USA e il Mezzogiorno, “GAZZETTA DEL MEZZOGIORNO”, 5 novembre 2024 di Guglielmo Forges Davanzati (docente di Storia del pensiero economico all’Università del Salento)

La gran parte degli analisti prevede che la vittoria di Trump produrrà esclusivamente effetti negativi sull’economia europea, in virtù dei dazi che il Presidente imporrà sulle importazioni dal nostro continente e dalla Cina. La Storia economica ci dà, però, un insegnamento di segno leggermente diverso rispetto ai vantaggi del libero scambio, rilevando che l’industrializzazione – con la sola eccezione del Regno Unito nella prima rivoluzione industriale nella seconda metà del Settecento – è sempre avvenuta facendo crescere industrie nascenti nazionali con misure di protezione doganale. Friedrich List, economista tedesco la cui opera principale è Il sistema nazionale dell'economia politica del 1841, è stato fra i primi a mostrare come la “protezione delle industrie nascenti” fosse la sola strategia che la Germania avrebbe potuto adottare per non soccombere alla concorrenza inglese, essendo l’Inghilterra partita prima nel processo di industrializzazione.

 

Questa considerazione di carattere generale può essere declinata nel contesto attuale e con riferimento ai nessi fra politica commerciale USA e prospettive di crescita del Mezzogiorno, sulla base di una duplice considerazione.

 

1) Innanzitutto, non corrisponde pienamente al vero che solo i Repubblicani USA sono favorevoli al protezionismo. L’IRA (Inflation reduction act) di Biden – un forte stimolo fiscale destinato alle imprese statunintensi per la transizione “green” – è stato, di fatto, un provvedimento ascribile al caso del protezionismo occulto. Mentre è ormai ben nota l’esplicita adesione di Trump alla politica di protezione dell’industria USA (“la parola più bella del dirzionario” – ha dichiarato – “è tariffe doganali”), è forse meno nota un’analoga presa di posizione di Kamala Harris, secondo la quale “bisogna in qualche modo difendersi da un’ondata di concorrenza sleale”. 

 

2) Gli USA, nella seconda globalizzazione (dagli anni Novanta allo scoppio della guerra in Ucraina) hanno svolto il ruolo di importatori netti di prodotti europei e successivamente cinesi, finanziando i deficit della bilancia commerciale con continui aumenti del debito pubblico. In virtù del privilegio esorbitante (come lo definì il Presidente francese Giscard d'Estaing) di detenere la moneta di riserva internazionale, gli USA sono l’unico Paese al mondo a godere del conseguente privilegio di non avere limiti all’espansione e alla sostenibilità del loro indebitamento sovrano. Non a caso, questo è passato dal 50% al 121% rispetto al Pil (in linea con la tendenza all’aumento del debito pubblico mondiale) negli ultimi trent’anni. Dagli anni Settanta, gli USA sperimentano costantemente il doppio deficit (della bilancia commerciale – con valori che oscillano fra il -2% e il -6% - e del bilancio pubblico, come attestato dall’US Census Bureau). In sostanza, gli USA sono riusciti, grazie al dollaro, a vivere sistematicamente al di sopra delle loro possibilità e la loro propensione all’eccesso di consumo, per certi aspetti, ha prodotto più danni che benefici all’Unione Europea e, dunque, al Mezzogiorno.

 

Nella storia recente, la propensione delle famiglie statunitensi all’overconsumption (consumi resi possibili dall’indebitamento privato) è stata la principale causa della crisi finanziaria globale del 2008. Il Sud ne ha risentito in modo estremamente significativo, con una caduta del Pil e un aumento della disoccupazione – negli anni che vanno dal 2009 al 2014 - maggiore e più duratura di quella registrata nel Centro-Nord.

 

Quella esperienza mostra che esiste un rilevante effetto di propagazione delle scelte di politica economica statunitensi sull’economia del Mezzogiorno. Si tratta di un effetto di propagazione che passa per la reiterazione, in Europa, di politiche di contrazione della spesa pubblica (che l’Unione ha evitato solo con il Next Generation Europe per far fronte alla pandemia), che i Paesi centrali del continente – Germania e Paesi “satelliti” - trovano tanto più convenienti quanto maggiore è la propensione alle importazioni da parte degli USA.

 

Poiché, infatti, le imprese localizzate nel Mezzogiorno hanno bassa propensione alle esportazioni, la compressione della domanda interna e la connessa moderazione salariale non ha, per loro gli effetti rilevanti che ha per le imprese del Nord (e del Centro-Europa) e produce il solo effetto di generare aumento della disoccupazione e rallentamento del tasso di crescita. Inoltre, in considerazione della specializzazione produttiva del Sud fortemente orientata verso settori a basso valore aggiunto e a basso contenuto di ricerca e sviluppo, le imprese meridionali subiscono la concorrenza di Paesi con bassi salari e analoga specializzazione. Anche in questo caso, si tratta di un effetto – di segno negativo – tanto maggiore quanto minore è la protezione doganale. Si pensi, a titolo esemplificativo, al riorientamento dei flussi turistici, negli ultimi anni, dalle tradizionali mete pugliesi verso l’Albania, la Grecia, la Croazia.

 

La diffusa e spessa acritica apologia del liberoscambio, peraltro, non considera un’ampia evidenza empirica – per la quale si rinvia agli studi di Dani Rodrik, uno dei più accreditati economisti statunitensi  – che dimostra che i Paesi industrializzati hanno registrato i loro massimi tassi di crescita nella loro storia nelle fasi nelle quali erano in vigore controlli sui movimenti di capitale 

(https://www.project-syndicate.org/onpoint/an-interview-with-dani-rodrik-trade-protectionism-development-redistribution-globalization-2023-10).





giovedì 12 settembre 2024

La de-dollarizzazione e la guerra in Ucraina: una nota Guglielmo Forges Davanzati

Con la massima schematizzazione, e senza pretese di esaustività, è possibile individuare due linee interpretative sulle cause della guerra in Ucraina. In quanto segue, queste interpretazioni vengono descritte e commentate senza alcuna pretesa di originalità, ponendosi, in questa sede, il solo obiettivo di orientare il lettore del blog nell’ampio dibattito sul tema e di segnalare alcune recenti pubblicazioni per eventuali approfondimenti[1]

La prima tesi, di gran lunga dominante in Occidente e, dunque, in Italia, fa riferimento alla convinzione, come è noto, che la guerra in Ucraina sia l’esito dell’aggressione militare della Russia e che debba essere contrastata per due ragioni: perché lesiva del diritto internazionale e perché potenzialmente distruttiva di quelli che vengono definiti i “valori occidentali”. Questi ultimi sono identificati, di norma, nella democrazia, nella libertà individuale, nella difesa della proprietà privata: in altri termini, l’ordine liberale.

In Italia, questa posizione è ben riassunta da Vittorio Emanuele Parsi (si veda, in particolare, “Il posto della guerra e il costo della libertà”, Bompiani, 2022). Come sempre accade quando si invocano valori etici per legittimare conflitti armati, si ritiene – in questo approccio – che la rilevanza morale dell’obiettivo da conseguire giustifichi costi anche elevati per la gran parte della popolazione.

In effetti, a ben vedere, questi costi non sono uniformemente distribuiti fra gruppi sociali. I percettori di redditi fissi e bassi pagano la guerra in misura maggiore per le seguenti ragioni:

a)     La riduzione dell’offerta di gas, derivante dalle contro-misure russe alle sanzioni occidentali e principale responsabile dell’aumento del tasso di inflazione nel biennio 2022-2024, ha penalizzato soprattutto le famiglie povere, a causa della maggiore incidenza delle spese per l’accesso a servizi pubblici essenziali (ci si riferisce all’aumento dei costi energetici) e per l’acquisto di beni alimentari in rapporto al loro reddito monetario.

b)     L’aumento dei tassi di interesse delle Banche centrali (finalizzato a contrastare l’inflazione) ha anch’esso penalizzato soprattutto gli individui con redditi più bassi – o residenti nelle aree più povere del Paese, nel caso italiano - per l’aumento del costo dei mutui.  

c)     I percettori di redditi bassi e fissi pagano maggiormente l’aumento delle spese militari (da portare al 2% del Pil), dal momento che, in combinazione con la revisione del Patto di Stabilità e Crescita nell’UME e dunque con l’avvio di una nuova fase di austerità, esso implica minore spesa pubblica soprattutto per i servizi di Welfare (istruzione, sanità, trasporti, pensioni)[2].  

Una seconda posizione, minoritaria, collega i conflitti armati – quello in Ucraina, in particolare – all’obiettivo statunitense di preservare la propria egemonia attraverso l’uso del dollaro come moneta di riserva internazionale. La letteratura accademica sul tema è relativamente scarsa. Si segnalano, in particolare, due libri di taglio storico-teorico: Rosario Patalano (La moneta del mondo, Rubettino, 2013), sui progetti di riforma del sistema monetario; Saleha Moshin (Paper soldiers. How the weaponization of the dollar changed the world order, Penguin, 2024) sui processi in atto di de-dollarizzazione, da parte, in particolare, dei c.d. BRICS (Brasile, Russia, India, Cina, Sud Africa)[3].

Sul piano tecnico, viene argomentato che disporre della valuta di riserva e mezzo di scambio internazionale significa, per usare l’espressione di Giscard d’Estaing, godere di un “esorbitante privilegio”. Per comprendere la natura di questo privilegio, occorre partire da alcuni assunti acquisiti dalla teoria economica moderna (si veda A. Graziani, The monetary theory of production, Cambridge University Press, 2003), ovvero: (i) la moneta è una pura convenzione sociale; (ii) la produzione di moneta-credito da parte del sistema bancario nel suo complesso non incontra vincoli di scarsità e (iii) è la domanda di moneta espressa da imprese ed eventualmente dai lavoratori a determinare la quantità di circolante. La prima premessa è fondamentale per motivare la principale conseguenza del privilegio della detenzione della moneta di riserva mondiale, ovvero l’impossibilità del fallimento dello Stato che la emette. Più in dettaglio, il fallimento (inteso nella specifica accezione di non disporre di risorse sufficienti per garantire il finanziamento del settore pubblico mediante l’emissione di titoli del debito pubblico), nel caso degli USA, può essere esclusivamente auto-indotto e, anche per questa ragione, se non impossibile, costituisce un evento inverosimile. Infatti, l’emissione di nuovo debito viene decisa, in totale autonomia e discrezionalità, dal Congresso, e accade talvolta che ciò che i media rappresentano come rischio di fallimento dello Stato americano non è altro che il riflesso del conflitto che si verifica periodicamente, soprattutto nelle fasi recessive, fra democratici e repubblicani in merito all’espansione della spesa pubblica. Nei fatti, dal 1960 ad oggi il Congresso ha aumentato il limite ben 80 volte e il default non è mai avvenuto.

Le premesse (ii) e (iii) spiegano per quale ragione gli USA – a differenza di tutti gli altri Paesi al mondo - non possono fallire: i titoli di Stato americani, infatti, sono per i mercati finanziari attivi sicuri (safe asset, nel gergo ovviamente anglosassone della finanza internazionale). Questi titoli sono domandati per la gran parte delle transazioni su scala internazionale (petrolio in primis) e fanno da àncora per il valore dei titoli sovrani degli altri Stati e dei titoli azionari e obbligazionari scambiati nella quasi totalità delle borse mondiali.

A ciò occorre aggiungere il dato per il quale il c.d. American way of life è largamente caratterizzato da elevata propensione al consumo e, in alcune fasi, da sovra-consumo (reso possibile dall’indebitamento privato) e che livelli elevati e persistenti di sovra-consumo – si direbbe, il vivere al di sopra delle proprie possibilità - possono essere finanziati solo a condizione di disporre della moneta del mondo. Nella Storia recente degli USA, a partire dall’amministrazione Reagan, ciò si è tradotto nel twin deficit (deficit pubblico e del saldo della bilancia commerciale), connesso con l’indebitamento con l’estero e con sé stessi.

La fig.1 mostra che il saldo della bilancia commerciale statunitense (la differenza fra esportazioni e importazioni) è sistematicamente in disavanzo dall’inizio degli anni Settanta, facendo rilevare come i (sovra)consumi degli americani sono, in ultima analisi, garantiti da un eccesso di importazioni che nessun Paese, privo del privilegio della moneta mondiale, potrebbe sostenere con questa intensità e con questa lunghezza temporale.





Fig.1: saldo commerciale USA : 1895-2015

 

Secondo questa lettura, dunque, la guerra risponde (anche o prevalentemente) all’obiettivo di preservare il privilegio della moneta mondiale, in una fase nella quale il suo dominio è messo in discussione dal tentativo dei BRICS di far aumentare il numero di transazioni internazionali effettuate in valute diverse dal dollaro. Risulta interessante osservare che la stessa potenza bellica USA dipende dai finanziamenti al settore militare, che sono tanto maggiori (o possono esserlo) quanto più il dollaro continua a svolgere il ruolo di moneta di riserva e di mezzo di scambio.

Letta in tal senso, la prima tesi – di ordine etico – appare come copertura ideologica dei rapporti di forza esistenti su scala globale e, dunque, della competizione fra valute. Il processo di de-dollarizzazione è in atto, ma è ben difficile prevederne gli sviluppi. Nel 2011, il dollaro costituiva il 73% del totale delle riserve detenute dalle Banca centrali; oggi questa quota si è ridotta al 60%. Parallelamente, dagli anni Cinquanta a oggi, il contributo degli USA al Pil globale si è dimezzato, attestandosi al 20% circa. La ricostruzione delle cause e dei possibili sviluppi di questi processi è fornita, secondo prospettive teoriche e politiche diverse, da Giulio Chinappi, L’esorbitante privilegio del dollaro e il suo lento declino, Marx 21, 4 maggio 2023 e da Paolo Guerrieri, L’esorbitante privilegio del dollaro è al capolinea?, Ytaly 24 febbraio 2024.

 


[1] Per una ricostruzione del dibattito, dal punto di osservazione della geopolitica, si rinvia al fascicolo monografico di Limes (Il mondo cambia l’Ucraina) del luglio 2024, con particolare riferimento alla prima parte sui costi della ricostruzione di quel Paese. L’ultimo fascicolo della Review of Keynesian Economics (Volume 12 (2024): Issue 3 (Aug 2024) è da segnalare per i pregevoli contributi sul tema economia e guerra.

[2] È stato osservato che il combinato dell’aumento delle spese militari e dell’allargamento a Est dell’UME potrebbe comportare una significativa riduzione dei fondi di coesione (il tema è rilevante soprattutto per il Mezzogiorno).. Sulla questione, si rinvia a  cf. T. Schwab,, Quo vadis. Cohesion policy? European regional development at a crossroards, Policy Paper, June 2024. Si segnala anche la ricerca di Ugo Marani in merito al sostanziale fallimento del progetto che voleva l’euro come valuta di riserva e di scambio internazionale (L’euro una valuta solo “regionale”www.economiaepolitica.it, luglio 2023). 

[3] Lo studio pionieristico sul rapporto fra produzione della moneta di riserva internazionale e potere militarie e politico è quello di Marcello De Cecco (Moneta e impero. Economia e finanza internazionale dal 1890 al 1914, Donzelli, 2016, a cura di A. Gigliobianco).

venerdì 10 maggio 2024

Riattivare L’assessorato Alle Marine Di Lecce: Una Priorità Per Il Benessere Comunale. Intervento dell'Avv. Francesca Conte

 Nel corso della recente campagna elettorale a Lecce, la candidata sindaco Adriana Poli Bortone ha sollevato una questione di estrema rilevanza per la comunità locale: la necessità di riaprire l’Assessorato alle Marine. Questo organo, attivo durante il suo precedente mandato amministrativo tra il 1998 e il 2007, è stato gradualmente assorbito in altre competenze nel corso degli anni successivi. Tuttavia, secondo Poli Bortone, il reinserimento di tale assessorato è cruciale per affrontare le specifiche problematiche che affliggono le zone costiere del comune. Le marine leccesi, tra cui San Cataldo, Torre Rinalda, Spiaggiabella e Torre Chianca, costituiscono un patrimonio naturale e turistico di inestimabile valore. Tuttavia, negli ultimi anni, diversi problemi hanno richiesto un intervento mirato.

Durante le ispezioni condotte dalla candidata sindaco, sono emerse numerose criticità legate principalmente alla carenza di servizi nelle marine, con segnalazioni di mancanza anche dei servizi essenziali. Un’altra questione fondamentale riguarda il divieto di disinfestazione per zanzare e altri insetti nelle vicinanze del Parco di Rauccio.

Tale divieto, finalizzato alla preservazione dell’ecosistema dell’area protetta, ha causato considerevoli disagi alla popolazione locale, esposta a fastidi e rischi per la salute. L’Assessorato alle Marine potrebbe essere il punto focale per individuare soluzioni efficaci a questa problematica, bilanciando la tutela dell’ambiente con le esigenze della comunità. La riattivazione dell’Assessorato alle Marine non solo consentirebbe di concentrare l’attenzione su queste specifiche problematiche, ma rappresenterebbe anche un canale diretto di partecipazione per i cittadini che vivono, lavorano o trascorrono le loro vacanze nelle marine leccesi.

È importante sottolineare che in passato, quando l’assessorato era operativo, vi era una maggiore attenzione e sensibilità verso le esigenze delle comunità costiere. Tuttavia, per rendere concreta questa proposta, è necessario un impegno deciso da parte delle istituzioni locali. L’Assessorato alle Marine dovrebbe essere dotato delle risorse e dell’autonomia necessarie per affrontare le sfide attuali e future legate alla gestione delle aree costiere. Inoltre, è essenziale promuovere una cultura della partecipazione attiva, coinvolgendo la popolazione locale nella definizione delle strategie e delle azioni da intraprendere.



martedì 7 maggio 2024

Cantieri aperti a Lecce: riflessioni di una candidata preoccupata Intervento dell’Avvocato Francesca Conte

 Lecce, gioiello barocco pugliese, si presenta oggi ai suoi abitanti come un'enorme cantiere a cielo aperto. Un'immagine caotica e sconcertante che, lungi dall'essere un semplice inconveniente estetico, solleva interrogativi e preoccupazioni profonde.

Un labirinto di cantieri

Mentre il centro storico, per ora, sembra essere miracolosamente immune all'invasione dei cantieri, il resto della città vive in uno stato di perenne disorganizzazione. Cantieri che sorgono e spariscono senza preavviso, segnaletica carente o addirittura assente, transenne che appaiono e scompaiono come per magia: una giungla urbana che genera disorientamento, nervosismo e un traffico caotico. I cittadini, esasperati, si interrogano: perché così tanti cantieri aperti contemporaneamente? Perché i lavori iniziano e poi si interrompono senza apparente motivo?

Piste ciclabili: un'idea nobile con impatti discutibili

Le piste ciclabili, nate con l'intento nobile di promuovere la mobilità sostenibile, si inseriscono in questo scenario come un ulteriore elemento di disagio. Se da un lato rappresentano un passo verso una città più ecocompatibile, dall'altro creano notevoli problemi per chi non può o non vuole utilizzare la bicicletta. I marciapiedi minuscoli che le delimitano, ad esempio, ostacolano il passaggio pedonale e, in caso di emergenza, potrebbero addirittura impedire il transito di mezzi di soccorso.

Una città a misura d'uomo? Forse no.

L'idea di una "città a misura d'uomo" evocata da alcuni suona come una beffa di fronte a queste criticità. I cittadini, esasperati dal caos e dalla mancanza di informazioni, si sentono vittime di un sistema che li ignora e li penalizza. L'esasperazione rischia di sfociare in gesti di rabbia e inciviltà, alimentando un clima di tensione e malessere generale.

Esigenza di pianificazione e trasparenza

È impellente un cambio di rotta. Serve una pianificazione attenta e coordinata dei lavori, con una comunicazione chiara e tempestiva ai cittadini. Bisogna garantire la sicurezza e la fruibilità delle strade, sia per chi si muove a piedi che per chi utilizza i mezzi di trasporto. Le piste ciclabili, seppur lodevoli, devono essere realizzate in modo da non penalizzare le altre forme di mobilità.

Lecce, con il suo fascino senza tempo, merita di essere vissuta in maniera serena e vivibile. I cantieri, seppur necessari, non possono rappresentare un ostacolo insormontabile. È necessario un dialogo costruttivo tra istituzioni e cittadini per trovare soluzioni concrete che ridiano a Lecce il suo volto armonioso e vivibile. La pazienza dei cittadini è stata messa a dura prova, ma è giunto il momento di agire per restituire loro una città a misura d'uomo, non di stress e insoddisfazione.

 


venerdì 5 aprile 2024

L'anatra zoppa potrebbe sedersi ancora una volta nel Consiglio Comunale di Lecce. Intervento di Francesco Buja*

Animali puntualmente in transito sulle vie delle elezioni comunali leccesi. Le puntuali, insopprimibili pecore richiamate dal pifferaio di turno e due tipi di altri quadrupedi, questi altri rievocati dall’abbondanza di carneadi in bella mostra nelle liste dei candidati. Su cotanta fauna si addensa, ancora timidamente, l’ombra dell’anatra zoppa, simpatico essere morente già amaramente noto sia ai sinistri che ai fintidestri. Accadde infatti che nel 2018, in forza della decisione del Consiglio di Stato, il sindaco Carlo Salvemini, esponente del centrosinistra, trovò, nell’assemblea consiliare, una maggioranza di centrodestra. L’anatra zoppa, appunto. Oggi il simpatico uccello potrebbe sedersi  nuovamente nel Consiglio comunale leccese. Ma lo scenario si mostrerebbe a parti invertite. La candidata del centrodestra, infatti, Adriana Poli Bortone, potrebbe sedurre l’elettorato come ai bei tempi della vittoria su Salvemini senior e di quella quasi plebiscitaria del 2002 e quindi ottenere più voti personali rispetto al rivale, ma le liste dell’attuale primo cittadino potrebbero rivelarsi più redditizie di quelle che portano acqua alla senatrice. Sicché la storica missina si ritroverebbe a dover guidare il capoluogo salentino davanti a una maggioranza di consiglieri a lei avversi. Alla chiamata alle urne infatti il fronte salveminiano sarà sorretto ancora dal trasformista Delli Noci, già decisivo untore di consenso. Dunque il fascino di Lady Adriana contro le liste pro Salvemini, del menzionato untore già unto da Emiliano, e contro il Movimento 5 stelle, che non sapendo più stupire ha scelto il ruolo di ancella del sindaco uscente. Chissà se, zoppicando l’anatra, poi Delli Noci sarà nuovamente folgorato sulla via del potere e, ci sia consentito un po’ di colore in questa valle di buoni propositi, deciderà di tornare all’ovile del centrodestra per salvare l’amica e a suo tempo mentore Adriana.


*Francesco Buja, giornalista leccese, collaboratore del Nuovo Quotidiano di Puglia, cura e conduce la provocatoria rubrica "Sentinelle del mattino" su Radio Portalecce, emittente della diocesi del capoluogo salentino. Già redattore del Paese Nuovo e de Il Corsivo, nonché direttore del settimanale La Lupa e del quotidiano on line Lo Scorretto, dirige il periodico sportivo Il Giallorosso. Pianista compositore, scrittore di poesie, non frequenta politici.



martedì 5 marzo 2024

PAOLO PAGLIARO: LA MIA ATTIVITÀ POLITICA FRUTTO DELL’AMORE PER IL MIO SALENTO

 La passione e l’amore per la mia terra animano ogni mia azione. Ho deciso di impegnarmi in politica perché ho sentito il bisogno di dare il mio contributo in maniera sostanziale e continua, e di entrare nel vivo dei problemi del Salento.

Ho scelto la strada del civismo, quello vero, il civismo di centrodestra, il civismo che non nasce e muore in una tornata elettorale ma che investe tempo ed energie per la gente, per il territorio, ed è sempre dalla parte dei cittadini.
Ho risposto presente quando i militanti del Movimento Regione Salento di cui sono presidente, mi hanno chiesto di candidarmi come Consigliere regionale. Sostenuto da quasi 10mila consensi sono diventato Consigliere regionale come presidente del gruppo consiliare La Puglia Domani.
In questi tre anni e mezzo da Consigliere regionale sono stato il pungolo del Governo Emiliano: ho lavorato evidenziando criticità e problemi, sempre con piglio deciso ma propositivo, indicando soluzioni.
Sono sceso in campo per i grandi temi del mio territorio: dall’alta velocità fino alla battaglia contro l’eolico offshore al largo della costa più bella d’Italia che abbraccia il Canale d’Otranto, e poi il completamento della metropolitana di superficie, il potenziamento dell’Aeroporto del Salento, il completamento e la messa in sicurezza delle Statali 275 e 274, il raddoppio da 2 a 4 corsie della statale 7/ter Bradanico-Salentina da Lecce a Taranto, il dragaggio e consolidamento della darsena di San Cataldo a Lecce, il potenziamento del trasporto su ferro e gomma, e poi ancora le battaglie per servizi sanitari efficienti, ospedalieri e territoriali. Ho iniziato un tour di ispezioni nelle strutture della Asl di Lecce, portandone gli esiti all’attenzione della Commissione Sanità del Consiglio regionale: un’audizione dopo ogni ispezione. Al termine di questo tour ispettivo scriveremo un libro bianco dove evidenzieremo tutto.
Oltre che negli ospedali, sono andato ovunque la gente mi abbia chiamato, dalle case popolari ai mercati. E così ho denunciato ogni disservizio, ogni spreco, sempre con spirito costruttivo, prospettando e sollecitando soluzioni. 
Sono molto fiero delle leggi che ho studiato e redatto e che sono state approvate dal Consiglio regionale: per il fermo pesca dei ricci di mare; per l’istituzione della Fondazione Tito Schipa; per la valorizzazione del legno degli ulivi colpiti da xylella.
E molte altre sono in via di discussione. Numerose, e sempre a difesa del Salento, anche le mie mozioni approvate all’unanimità.

Qui di seguito l’elenco completo delle mie mozioni e delle mie proposte di legge approvate.


ELENCO MOZIONI APPROVATE
• Realizzazione alta velocità ferroviaria fino a Lecce (approvata il 23 marzo 2021)
• Candidatura a fondi PNC per la realizzazione alta velocità ferroviaria fino a Lecce (approvata il 14 settembre 2021)
• Completamento S.S. 7-ter Bradanico-Salentina (approvata il 5 luglio 2022)
• Attivazione Centro residenziale per il trattamento dei DCA nel Dipartimento di salute mentale dell’ASL Lecce (approvata il 5 luglio 2022)
• Cittadella di Oria, avvio procedimento dichiarazione di interesse eccezionale, ai sensi degli articoli 14 e 104 del d.lgs. 42/2004 (approvata l’8 febbraio 2022)
• Ammodernamento e messa in sicurezza S.S. 274 Salentina Meridionale Gallipoli - S. Maria di Leuca (approvata il 6 luglio 2022)
• Dialisi per turisti su tutto il territorio dell’ASL Lecce (approvata il 13 luglio 2022)
• Dotazione Robot da Vinci nelle strutture sanitarie pubbliche delle ASL di Lecce, Brindisi e Taranto (approvata il 6 luglio 2022)
• Potenziamento del personale in servizio presso l'Ufficio anagrafe assistiti di Lecce (approvata il 17 gennaio 2023)
• Esecuzione prioritaria per la metropolitana leggera di superficie del Salento (approvata il 6 luglio 2022)
• Esproprio porzioni in abbandono delle mura di Acaya (approvata il 5 aprile 2022)
• Riconoscimento grotte preistoriche salentine patrimonio mondiale dell'umanità UNESCO (approvata il 15 novembre 2022)


ELENCO PDL APPROVATE

•  ISTITUZIONE FONDAZIONE TITO SCHIPA (N. 253 – approvata il 26-07-2022)
•  VALORIZZAZIONE LEGNO D'ULIVO (N. 218 – approvata il 30-01-2024)
•   FERMO PESCA RICCI DI MARE (N. 591 – approvata il 28-3-2023)


PDL DA DISCUTERE

•  QUORUM FUSIONI DI COMUNI (N. 165 – presentata il 22-04-2021)
•  FONDO FIGLI VITTIME DEL LAVORO (N. 288 – presentata il 04-10-2021) 
• VALORIZZAZIONE PENSIERO E OPERE COSIMO DE GIORGI (N. 429 – presentata il 24-2-2022)
•   PROMOZIONE MOTOTURISMO (N. 780 – presentata il 26-04-2023)
•   PROGETTO VIGILE DI QUARTIERE (N. 986 – presentata il 01-12-2023)
•   DISICPLINA E VALORIZZAZIONE IDE.CO (N. 1014 – presentata l’11-01.2024) 
•   MISURE SOSTEGNO EDICOLE (N. 1017 – presentata il 06-02.2024)

(INTERVENTO DI PAOLO PAGLIARO - CONSIGLIERE REGIONALE PUGLIA)



Il protezionismo USA è la risposta sbagliata a un problema esistente ... Intervento del Prof GUGLIELMO FORGES DAVANZATI (UNISALENTO)

La tesi che si intende qui sostenere fa riferimento al fatto che – sebbene le politiche protezionistiche attuate da Trump non abbiano un fon...